Alessandra Style

Nascere ai tempi del Coronavirus. La mia esperienza di neo mamma, partoriente all’ospedale Buzzi di Milano

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Il coronavirus fortunatamente non ferma le nascite, ma cambia radicalmente il modo di viverle. In ospedale si arriva da sole o tutt’al più accompagnate dal proprio marito. Le visite nel reparto sono vietate.

Partorire ai tempi del Coronavirus, con le misure restrittive di contenimento per evitare il diffondersi di contagi nelle corsie e nei reparti dell’ospedale, non è sicuramente l’esperienza che io e mio marito ci eravamo immaginati nel corso della gravidanza. Immagini di dare alla luce il tuo bambino circondata dall’affetto del tuo partner e dei tuoi cari, di festeggiare questo nuovo inizio con il supporto e l’amore di parenti e amici. Invece, dopo la fatica del parto, ci si ritrova da sole. Le donne che, come me, hanno partorito dopo l’emanazione dei decreti anti Covid-19 e quelle che lo faranno nei prossimi giorni, hanno vissuto o vivranno questa esperienza in maniera totalmente diversa da quelle che hanno partorito in situazioni normali.

Secondo le ultime disposizioni la persona che accompagnerà la futura mamma a partorire potrà assistere soltanto per pochi minuti al momento del parto. Non si può sostare in sala d’attesa, né in sala travaglio, né in reparto. Sia prima che dopo il parto la neo mamma resta da sola con il neonato, assistita da ostetriche e medici, fino alle dimissioni dalla struttura. Per questo consiglio alle mamme che partoriranno in queste condizioni di preparare tutto il necessario, magari aggiungendo nella borsa per la nascita uno o due cambi in più per voi e per il bimbo/a, perché sarete sole durante tutto il ricovero (io ho portato due borsoni!).

Partorire durante la pandemia del Covid19: la mia esperienza

Ho dato alla luce il mio bambino, Hermann, durante questa emergenza sanitaria, esattamente lo scorso 9 Aprile, e quindi, ho deciso di raccontare la mia esperienza non per spaventare le future partorienti, ma anzi per infondere a loro fiducia e coraggio. Voglio quindi trasmettere messaggi positivi,: i nostri bimbi sono nati o nasceranno nonostante tutto e comunque circondati da un amore immenso. In ospedale ci sono persone fantastiche che vi assisteranno e non vi lasceranno mai da sole. E poi, nonostante queste giornate così drammatiche, in cui siamo abituati a sentire notizie poco confortanti e ripetuti bollettini medici, è giusto pensare che la vita continui nel migliore dei modi, e che possa essere di buon auspicio?

L’amore che si prova per il piccolo in arrivo è così grande, che passa tutto: il dolore del parto, la preoccupazione di partorire rischiando di essere contagiate o di contagiare, ritrovarsi da sole a gestire un bimbo appena nato senza il supporto di famiglia e parenti.

Inizialmente io avrei dovuto partorire all’ospedale Luigi Sacco di Milano,  che in poco tempo è diventato il polo d’eccellenza per malattie infettive, per i pazienti affetti da Covid19, ma 2 settimane prima di partorire sono stata spostata all’ospedale Buzzi sempre a Milano, rinomata struttura che si dedica solo esclusivamente alle nascite e ai bambini.
Dopo alcune difficoltà incontrate per fare le ultime visite e prelievi, queste contingenze mi hanno dapprima messo in agitazione, ma poi ho sempre cercato di trovare la forza di reagire e pensare positivo.

Passata da poco la Mezzanotte  del 9 Aprile ho cominciato ad avere le prime contrazioni e mi si sono “rotte le acque”, io e mio marito siamo corsi immediatamente in ospedale attraversando una città deserta. Giunti al Pronto Soccorso abbiamo citofonato per farci aprire il cancello. Mio marito per regolamento del servizio sanitario si è dovuto allontanare da me, e ci hanno avvertito che lui sarebbe potuto entrare solamente in sala parto qualora io fossi risultata negativa al tampone. All’accettazione in zona triage mi sono state poste varie domande inerenti alla mia situazione e al Coronavirus. Mi sono stati forniti guanti e mascherine e sono stata accompagnata in una stanza con delle ostetriche e infermiere per i primi controlli. Subito mi è stato fatto il tampone per vedere se ero positiva al Covid19 e fortunatamente ero negativa (il tampone non viene fatto al partner perché convivono con la madre e il risultato è considerato sovrapponibile in assenza di fattori di rischio).
Mi sono partite da subito le contrazioni, alle ore 4:00 entro in sala parto, chiamo mio marito che mi raggiunge indossando ovviamente tutto l’occorrente di protezione. Ho avuto la fortuna di avere un travaglio veloce (tra travaglio e parto solamente 6 ore), l’unica difficolta che ho incontrato è stato respirare con la mascherina durante il parto. Alla fine mi mancava proprio il respiro e poiché ero risultata negativa al tampone mi hanno permesso di toglierla per qualche minuto, giusto il tempo di riprendere fiato.

Alle 7:12 nasce Hermann, sia il bagnetto che le prime visite vengono fatte in sala parto e non più in una sala dedicata. Dopo tutti i controlli di rito, l’ostetrica mi ha messo il piccolo sul petto e il personale medico per due ore ci ha lasciato soli con mio marito; cosa che ritengo fondamentale per la formazione del legame della nuova famiglia. Alla scadenza delle due ore mio marito è tornato a casa e ci siamo rivisti solo dopo due giorni, al momento delle dimissioni. Io sono tornata in stanza con il mio pargoletto … da quel momento è iniziata la nuova avventura, abbiamo iniziato a conoscerci. Hermann è stato tutti i due giorni h24 con me in stanza, perché il nido era chiuso sempre per evitare contagi.

Devo dire che in reparto maternità non si respira un clima di tensione dovuto al Coronavirus: c’è la massima disponibilità da parte di tutti a far sentire le future mamme il più a loro agio possibile e a garantire tutta l’assistenza di cui hanno bisogno, ovviamente con le necessarie precauzioni e i dispositivi di sicurezza del caso.

Tutte le ostetriche che mi hanno assistito durante il parto e dopo, sono state meravigliose. I ringraziamenti non saranno mai abbastanza, anche perché ritrovarsi da sole con un bambino appena nato, per giunta primo figlio, dove non si sa nulla, non è facile. Mi hanno assistito nel cambio del primo pannolino, mi hanno aiutato a farlo attaccare al seno e mi hanno dato tanti consigli per quando sarei tornata a casa. È vero le paure sono tante e possono destabilizzarvi, ma alle future mamme dico: non fatevi prendere dallo sconforto e dall’ansia, avrete al vostro fianco ostetriche e medici pronti ad aiutarvi in ogni momento. Vi sentirete coccolate come è capitato a me, anche senza la vostra famiglia. Durante il travaglio e il parto ho avuto con me un’ostetrica dolcissima, che non mi ha lasciato mai sola, mi ha incoraggiato, sostenuto e anche sopportato!

Per diminuire il rischio di contagio, gli ospedali incoraggiano le dimissioni veloci, infatti dopo due giorni ci hanno dimesso, mio marito ci stava aspettando fuori all’ospedale e io sono stata accompagnata fuori da un infermiere che mi ha portato le borse. Che dire il rientro è stato emozionante, come credo lo sia per tutti i neo genitori che ritornano a casa per la prima volta con il loro bambino. L’unica nota dolente per me è stata non avere i miei genitori e mio fratello accanto a me (i miei abitano in un’altra regione). Oggi la tecnologia, con Skype, video, foto e le tante applicazioni che ci sono, aiuta ad accorciare le distanze e a sentirsi più vicini, anche se ovviamente non è la stessa cosa del contatto fisico. Spero di poterli abbracciare presto e di presentargli il loro primo nipotino, avremo tanto tempo a disposizione per festeggiare Hermann, una volta passata la tempesta che stiamo vivendo.

Oggi sono la donna più felice del mondo. Ho realizzato il mio sogno di diventare mamma e sono finalmente a casa con mio marito e il nostro bimbo. Certo avevo immaginato diversamente la giornata del parto, ma è andato tutto benissimo ed è quello che conta.

Si continua a nascere anche ai tempi del Coronavirus. Mentre tutto fuori sembra sospeso, la vita continua. Si continua a nascere così come succedeva in guerra. Stiamo piangendo molti morti, tra cui diversi operatori sanitari, vediamo città deserte, città allo stremo e ascoltiamo ogni giorno il bollettino dei contagiati e dei decessi. Nessuno era preparato ad un pericolo così insidioso. Un nemico invisibile e ignoto, ancora tutto da studiare e da capire.

Ma di una cosa sono sicura … Festeggeremo poi, con più entusiasmo e spero con una maggiore consapevolezza che la vita è un dono immenso

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