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Abbazia di Cerreto: un gioiello imperdibile nel Lodigiano

abbazia cerreto

Quando si parla della Lombardia viene spontaneo a molti associarla alla città di Milano con il suo contesto urbano, le sue infrastrutture, i grattacieli e l’economia collegata al business e a uno stile di vita piuttosto frenetico. La Lombardia è invece molto di più e regala preziosi siti e attrazioni paesaggistiche di rilievo: montagne e valli, grandi laghi con suggestive mete turistiche, ampie distese coltivabili, agriturismi, borghi medioevali, castelli, palazzi rinascimentali, monasteri e abbazie.

A pochi chilometri da Milano la provincia di Lodi lascia già intravedere un paesaggio diverso, con campi agricoli irrigati da una fitta rete di canali artificiali, le cosiddette “rogge,” dove è facile avvistare aironi e altre specie di volatili: qui si entra subito in contatto con la realtà contadina della Val Padana.

La provincia lodigiana è un’area ricca di beni storico-architettonici come le chiese, le abbazie, i santuari e le ville, che testimoniano l’importanza delle epoche passate. I monumenti più rappresentativi risalgono all’età romanica, a quella romanico-gotica e alle successive rinascimentale e barocca.

Il territorio, anticamente, era una terra paludosa, che fu bonificata e resa fertile grazie al lavoro delle comunità monastiche, di cui rimane un suggestivo esempio l’abbazia cistercense dei SS. Pietro e Paolo ad Abbadia Cerreto, poco distante dal capoluogo.

In occasione della “Rassegna Gastronomica del Lodigiano” ho avuto il piacere di visitare il comune di Abbadia Cerreto, noto proprio per la presenza dello storico edificio cistercense.

La storia dell’Abbazia di Cerreto

L’Abbazia di Cerreto fu fondata nel 1084 dai Benedettini che disboscarono i terreni, sostituendo ai cerri i campi coltivati e prosciugando le ultime acque del lago Gerundo. Il cerro è un tipo di quercia, da cui ha origine il nome cerretum che stava ad indicare appunto un “bosco di cerri”.

L’abbazia sorgeva in mezzo a boschi e sulle rive dell’Adda. Negli anni seguenti, grazie a numerose donazioni di terreni, l’abbazia divenne una delle più fiorenti di tutta la zona.

Nel 1087 i monaci iniziarono subito un radicale intervento di bonifica dei terreni, facendo acquisire al monastero un’importanza considerevole, sia dal punto di vista della proprietà dei terreni, che del loro sfruttamento.

Nel 1136 i Benedettini lasciarono il posto ai Cistercensi: il saio nero fu sostituito da quello bianco. Artefice del ‘cambio di guardia’ fu il Vescovo Guido di Lodi, che aveva accompagnato San Bernardo a Milano al suo ritorno dal Concilio di Pisa. I monaci cistercensi insediatisi provenivano proprio da Chiaravalle e furono capeggiati dall’abate Brunone. Nel 1139 Papa Innocenzo II confermò il passaggio ai Cistercensi con una Bolla del 19 novembre, che sottopose l’abbazia del Cerreto a quella di Chiaravalle Milanese.

I Cistercensi continuarono il lavoro avviato dai Benedettini, con la bonifica delle terre via via ricevute in dono; nel 1439 l’abbazia passò sotto Commenda, cioè divenne bene ecclesiastico vacante.

Situato in una posizione strategica, Cerreto ebbe grande importanza nel Quattrocento durante la guerra tra Milano e Lodi. Alla fine delle contese, l’Abbazia ne uscì fortemente danneggiata. Venne restaurata e aggiornata secondo i dettami cistercensi tra il 1509 e il 1542 per volere del cardinale Cesi. A partire dal XVI secolo, a causa dello sviluppo del centro abitato circostante, la chiesa abbaziale assunse anche le funzioni parrocchiali e dedicata poi all’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Con la soppressione dell’ordine dei cistercensi nel 1798, voluta da Napoleone Bonaparte, i monaci abbandonarono l’abbazia, mentre la chiesa abbaziale e la sagrestia rimasero ad uso della Parrocchia.

L’architettura dell’Abbazia di Cerreto

L’Abbazia di Cerreto costituisce un esempio prezioso dell’architettura cistercense lombarda e segna il passaggio dallo stile romanico a quello gotico.

La principale caratteristica è il suo rivestimento, tutto in laterizio, valorizzato dopo i restauri degli ultimi anni, con chiari rimandi all’arte locale: la struttura non è infatti propriamente francese, data la presenza di massicci pilastri, del rivestimento in mattoni, dei capitelli cubici ad angoli smussati, fino al ritmo delle arcate a tutto sesto lungo l’intera navata, elementi, questi, tutti propriamente romanici.

La pianta è di tipo basilicale, a tre navate, di cui quella centrale composta da quattro doppie campate rettangolari, a cui corrispondono, nelle laterali, otto piccole campate. I pilastri sono tutti in mattone, formati da tre massicce colonne semicilindriche.

Nelle campate laterali i pilastri sono a muro. Il transetto è formato da una campata per ogni braccio, su cui si aprono tre cappelle rettangolari e un coro anch’esso rettangolare ad una campata. Il transetto è coperto da volte a crociera cordonate, mentre le cappelle presentano una volta a botte acuta. A sezione acuta è anche l’arco d’ingresso. Il coro è analogo alle cappelle ed è molto più basso della navata centrale.

La facciata della chiesa è a doppio spiovente e a frontone spezzato, ed è preceduta da un grande portico a tre campate, coperte con volte a crociera, con la centrale aperta da un’ampia arcata a tutto sesto e le laterali con tre piccole arcate per parte.

La parte esterna dell’edificio è stata quella più soggetta a rifacimenti. Nel fianco i contrafforti sono disposti orizzontalmente, ogni campata, sia della navata centrale che di quelle laterali, aveva finestre ad arco a tutto sesto; ora sono rettangolari (ricavate nel periodo barocco), ma conservano tracce dell’arco antico. I rifacimenti sono visibili poiché la muratura non è regolare, e i mattoni presentano tinte diverse.

La testata del coro presenta una disposizione di finestre assai frequente nelle chiese cistercensi: sono tre, con la centrale sormontata da un rosone. È, infine, visibile una torre ottagonale, costruita all’incrocio dei bracci dell’altare. La guglia della torre campanaria ottagonale fu distrutta da un fulmine nel 1680, periodo in cui venne realizzata la seconda torre, più bassa, per ospitare le campane.

Il portone della chiesa, datato 27 luglio 1639, è in legno scolpito dove in cui sono raffigurati i 4 evangelisti (Marco, Luca, Matteo e Giovanni), i Santi Pietro, Paolo, Bernardo e Benedetto e, nella parte superiore L’Annunciazione.

Tra le opere pregevoli che si trovano all’interno spicca una tela di Callisto Piazza discepolo di Tiziano, denominata “Pala Cesi”. Il dipinto, commissionato dall’abate Cesi, raffigura la Madonna col Bambino, i santi e il committente stesso.

Degna di nota è anche la cappella del Santo Rosario che si trova all’ingresso a sinistra. La cappella è anche detta “la cappella delle donne” perché a loro destinata dal momento che, secondo la regola cistercense, esse non potevano recarsi nella chiesa abbaziale se non nel giorno della festa della Dedicazione. Si entrava attraverso una porta dall’esterno, che in seguito fu murata.

Da ricordare anche la presenza nella navata di sinistra di una piroga monossile rinvenuta nel 1987 nel letto fangoso dell’Adda.

Del complesso abbaziale resta oggi solamente la chiesa e qualche edificio rurale. Accanto alla chiesa è rimasta una parte del vecchio complesso monastico ora adibita ad abitazioni private.

La visita di Abbadia Cerreto è un’occasione per immergersi in un paesaggio fuori dal tempo, dove il verde della campagna e le acque dell’Adda si fondono in un’unica suggestione, regalando al visitatore momenti di pace e serenità lontano dai rumori della frenetica – e spesso caotica – vita cittadina.

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